Intenzione e movimento

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L’intenzione è l’espressione di una volontà, che in questo articolo rivolgeremo in modo specifico al movimento corporeo. Tale volontà possiamo manifestarla con un pensiero, un’idea o un’immagine e potrà avere come diretta conseguenza la realizzazione del progetto pensato o immaginato.

Il movimento immaginato, proprio per la sua maggiore specificità, risulta come una delle migliori tipologie di intenzione per agganciare il corpo fisico. Avere l’idea o semplicemente pensare un gesto possono risultare attività abbastanza vaghe, immaginarlo lo lega ad un contesto tridimensionale e spaziale. Il risultato è una sorta di pre-visione di ciò che siamo in procinto di fare.

Ognuno di noi ha il suo personale modo di immaginare, ed è giusto che venga rispettato nella sua unicità.

Creare l’immagine di un movimento richiede diversi elementi: punto di partenza, percorso, arrivo, posizione, velocità, che uniti alla consapevolezza di una ‘reale eseguibilità’ disegnano un quadro molto realistico che risuonerà facilmente nel corpo fisico. Quello che faremo non sarà altro che ricalcare fisicamente ciò che immaginiamo.

Dopo aver allenato i nostri recettori a reagire alle immagini create dalla mente (uno dei componenti del Tatto Interno) vedremo come questo meccanismo porterà notevoli benefici alla qualità del movimento.

Non servirebbe spiegarne i motivi, l’esperienza basterebbe a se stessa, ma parlarne aiuta spesso a destrutturare alcune credenze che possono limitare la percezione e quindi ostacolare questa connessione mente corpo. Per poter potenziare l’ascolto e la ricezione di tali informazioni il nostro sistema nervoso deve essere in uno stato di rilassamento e di fiducia.

Tale connessione avviene attraverso la FASCIA.

La fascia è principalmente tessuto connettivo a diversi livelli, da quello più superficiale (adiposo) a quello più profondo, all’interno del corpo. Il fatto che il termine sia espresso al singolare (Fascia) ci fa intendere che si tratta di un sistema unico, connesso, continuo. La fascia avvolge i muscoli, è tra le fibre, intorno e tra gli organi, intorno alle ossa, avvolge i tessuti ed è persino negli spazi intercellulari … insomma riempie tutti gli spazi comportandosi come una sorta di collante. Rappresenta il 70% del nostro corpo e la sua forte capacità elastica svolge un’azione importante nella postura e nel movimento.

La chiave del processo che stiamo descrivendo sta nel fatto che la fascia reagisce e si mette in moto, in una precisa direzione, se sottoposta ad un’intenzione (con un po’ di esercizio è possibile aver un buon feedback da questa esperienza).
L’intenzione è una sorta di movimento omeopatico, piccolissimo, ma che ha il vantaggio di essere recepito da uno dei tessuti più forti e integranti del corpo.
Ricapitolando e semplificando si potrebbe quindi dire che “da un’immagine scaturisce un’intenzione che mette in moto la fascia che verrà poi sostenuta dal movimento.”

L’intenzione proietta una sorta di ombra del movimento (immagine/ologramma) che siamo in procinto di fare, apre un canale preferenziale. Ricalcando quest’ombra con un movimento reale manifestiamo la nostra coerenza corpo/mente.

Un muscolo che si muove insieme alla fascia svolgerà sicuramente un’azione più completa, integrata e protetta. Attraverso la sua elasticità (estremamente potente) può rendere un gesto meno faticoso, coinvolgere tutto il corpo e dotarci di più controllo e consapevolezza.

Ma non è tutto, i vantaggi di questa coerenza intenzione/fascia/movimento sono diversi.

Vi riporto qui un passo tratto da L’eleganza del riccio, di Muriel Barbery

La maggior parte della gente, quando si muove, beh, si muove in funzione di ciò che ha intorno. Proprio in questo momento, mentre sto scrivendo, c’è Constitution che passa strusciando la pancia per terra. Questa gatta non ha alcun progetto di vita concreto, eppure si dirige verso qualcosa, una poltrona probabilmente. E lo si vede dal modo in cui si muove: lei va verso. Ecco la mamma che passa avviandosi alla porta, esce a fare spese e di fatto è già fuori, il suo movimento si anticipa da sè. Non so bene come spiegare, ma durante lo spostamento il movimento “verso” in qualche modo ci disgrega: siamo qui e allo stesso tempo non siamo qui perché stiamo già andando altrove, non so se rendo l’idea. Per smettere di disgregarsi bisogna stare fermi. O ti muovi e non sei più intero, o sei intero e non ti puoi muovere. Ma quel giocatore, appena l’ho visto entrare in campo, ho sentito subito che era diverso: la sensazione di vederlo muoversi, proprio così, pur restando fermo. Assurdo, vero? Quando è cominciato l’haka ho guardato soprattutto lui. Tutti erano ipnotizzati da lui, ma sembrava che nessuno capisse esattamente perchè. Eppure è risultato subito chiaro durante l’haka: lui si muoveva, faceva le stesse mosse degli altri, ma mentre i gesti degli altri andavano verso gli avversari e verso tutto lo stadio che li guardava, i gesti di questo giocatore rimanevano in lui, rimanevano concentrati su di sè, e questo gli dava una presenza, un’intensità incredibili. E così l’haka, che è un canto guerriero, si caricava di una potenza straordinaria. Il giocatore maori si trasformava in un albero, una quercia enorme, indistruttibile, con radici profonde, un irraggiamento potente, e tutti lo sentivano. Eppure avevamo la certezza che la grande quercia avrebbe anche potuto volare, che sarebbe stata veloce come il vento, malgrado o grazie alle sue profonde radici.’

Il “corpo dell’intenzione” (così come viene chiamato nel Tatto Interno) possiamo vederlo come un ologramma del corpo stesso che può muoversi o meno nella stessa posizione di quello fisico.
Quando coincidono, in dinamica o nella stasi, abbiamo una entità coerente, avvertita in noi stessi e all’esterno come presenza.
Capirete facilmente come questo assume un ruolo fondamentale in tutte quelle tecniche dove la presenza e la comunicazione sono fondamentali. L’atto performativo ad esempio è l’espansione di tale presenza verso lo spettatore. Interessante notare come più siamo centrati in noi stessi più proiettiamo verso l’esterno la nostra energia. Un paradosso che richiama senz’altro concetti di non-dualità.

Un altro vantaggio è quello della forza, se il corpo dell’intenzione è in un’altra posizione il corpo fisico ne risulterà attratto e se non vorrà seguirlo dovrà impiegare uno sforzo (perdendo energia) per sostenere l’attrito che ne deriva (la fascia si muove verso l’intenzione e il corpo in un’altra direzione).
La proiezione dell’intento fuori dal corpo rende il movimento faticoso, non presente, poco sicuro e difficilmente adattabile. Fascia e corpo devono muoversi insieme per avere forza.

Uno dei benefici di questa coerenza è quella di avere una buona propriocezione, presupposto essenziale ad accogliere variabili del movimento. La fascia è ricca di recettori che se non allineati con il resto del corpo possono alterare l’informazione propriocettiva e darci poca reattività, oltre che instabilità.
L’intenzione inoltre può anche essere eccessivamente proiettata nel futuro o nello spazio, puntando ad un obbiettivo troppo lontano ad esempio. Questo tipo di proiezione ci fa perdere la presenza durante il percorso. Il corpo dell’intenzione non riesce ad allinearsi con il movimento e non potremmo essere pronti alle variabili e all’improvvisazione. (Un esempio eclatante sono le persone che urtano dappertutto quando si muovono).
L’intenzione verso un obbiettivo dovrebbe quindi includere anche la consapevolezza del percorso verso di esso. Alla fascia sembra interessare più il percorso che l’obbiettivo.
Idealmente l’intenzione dovrebbe viaggiare insieme al movimento, ma per diversi motivi (distrazione, idee poco chiare, poca consapevolezza) questa coerenza spesso ci manca.
Ovviamente l’intenzione precede sempre di un attimo il movimento, ma più i due sono vicini maggiore sarà la capacità della fascia di essere attratta (fisicamente e con direzione specifica) dall’intento.

Anche il nostro corpo, a prescindere dalla mente, ha le sue proprie intenzioni. Spesso si manifestano ad un livello più grossolano, come il bisogno di stirarsi ad esempio, ma in realtà si esprimono continuamente anche a livello più sottile. Comprendere le intenzioni del corpo, trasformando la mente in osservatrice, realizza una comunicazione profonda con la magnifica intelligenza che rappresentiamo.
E’ possibile percepire le intenzioni del corpo attraverso gli impulsi che il nostro sistema fasciale riceve. Nostro compito sarà sostenere questo movimento per riconnetterci profondamente al suo linguaggio. Lo autorizziamo ad esprimersi e lui come ricompensa si porterà nell’unico tempo possibile al cambiamento, alla guarigione, alla creatività. Il presente.

Le intenzioni con cui possiamo irraggiare il nostro corpo sono tantissime: immagini, guarigione, danza, suoni, colori ecc… la nostra percezione tradurrà, attraverso la fascia, lo stimolo in movimento.

C’è da dire poi che noi interagiamo continuamente con l’ambiente esterno (luci, colori, oggetti, suoni ecc). Ogni stimolo (anche il più sottile) si traduce in una intenzione del corpo ad adattarsi o ad opporsi, comunque un’intenzione, che ci imprimerà un movimento.
La complessità delle informazioni che ne deriva è immensa e apre un capitolo importante sull’integrazione con l’ambiente, ma per fortuna ci è anche possibile “focalizzare una sola intenzione” e lavorarci in modo specifico.

Concludo questo articolo dicendo che per poter usare le immagini come timone dell’intenzione alcuni concetti devono essere necessariamente semplificati. La distinzione netta tra corpo e mente e tra fascia e resto del corpo non è del tutto realistica, ma è un buon allenamento per prendere confidenza con il sistema (la dualità ci domina in buona parte). Con il tempo e l’allenamento il “corpo dell’intenzione” non ha più bisogno di usare l’immagine (ponte tra la mente astratta e logica) o l’ologramma come strumento di proiezione, ma si esprime per quello che è, una essenza senza forma, sostanza o colore non traducibile da i sensi che comunemente usiamo.

L’attivazione di questo senso percettivo ci permette anche, attraverso l’osservazione o il contatto, di percepire, entro certi limiti, le intenzioni negli altri. Ottimo strumento per tutte quelle tecniche che lavorano con la connessione reciproca.

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