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L’ispirazione quando la cerchi non la trovi mai. Viene come e quando vuole e spesso mentre sei impegnato in altro.
Ovviamente bisogna saperla riconoscere, ma fondamentalmente l’ispirazione è una questione di reperibilità.

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La Contact Improvisation è una danza serendipitosa.

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La ricerca epigenetica di Lipton (biologo molecolare) lo ha portato a definire la relazione tra gli elementi del corpo nella stessa modalità delle 5 trasformazioni dello Yin e dello Yang.

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L’UNIVERSO è un processo che riunisce in sé Abitudine e Creatività. Se avessimo solo Abitudine, tutto si ripeterebbe ad infinitum, se avessimo solo Creatività, niente potrebbe mai essere stabile. (Sheldrake)

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Ci sono soltanto due possibili conclusioni: se il risultato conferma le ipotesi, allora hai appena fatto una misura; se il risultato è contrario alle ipotesi, allora hai fatto una scoperta. (Enrico Fermi)

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Il corpo dell’intenzione è un ologramma del corpo stesso che può muoversi o no nella stessa posizione di quello fisico.
Quando coincidono, in dinamica o nella stasi, abbiamo una entità coerente, avvertita in noi stessi e all’esterno come presenza.
Se il corpo dell’intenzione è in un’altra posizione il corpo fisico ne risulterà attratto e se non vorrà seguirlo dovrà impiegare uno sforzo per sostenere l’attrito che ne deriva.
La proiezione dell’intento fuori dal corpo rende il movimento faticoso, non presente e difficilmente adattabile.
Le intenzioni provengono dall’interno (bisogni, meccanismi di riequilibrio), dall’esterno (sotto forma di stimoli e impulsi) e dal sistema mentale ed emozionale.
Il corpo dell’intenzione è percepibile.

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Gli schemi (pattern) sono sistemi costruiti nel passato per poter funzionare anche nel presente.
Uno schema sano è quello che è in grado di adattarsi alle variazioni del presente in ogni momento della sua esecuzione senza tensione.

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Oggi leggendo un romanzo ho trovato una meravigliosa descrizione di uno dei meccanismi su cui lavora il Tatto Interno.

‘La maggior parte della gente, quando si muove, beh, si muove in funzione di ciò che ha intorno. Proprio in questo momento, mentre sto scrivendo, c’è Constitution che passa strusciando la pancia per terra. Questa gatta non ha alcun progetto di vita concreto, eppure si dirige verso qualcosa, una poltrona probabilmente. E lo si vede dal modo in cui si muove: lei va verso. Ecco la mamma che passa avviandosi alla porta, esce a fare spese e di fatto è già fuori, il suo movimento si anticipa da sè. Non so bene come spiegare, ma durante lo spostamento il movimento “verso” in qualche modo ci disgrega: siamo qui e allo stesso tempo non siamo qui perchè stiamo già andando altrove, non so se rendo l’idea. Per smettere di disgregarsi bisogna stare fermi. O ti muovi e non sei più intero, o sei intero e non ti puoi muovere. Ma quel giocatore, appena l’ho visto entrare in campo, ho sentito subito che era diverso: la sensazione di vederlo muoversi, proprio così, pur restando fermo. Assurdo, vero? Quando è cominciato l’haka ho guardato soprattutto lui. Tutti erano ipnotizzati da lui, ma sembrava che nessuno capisse esattamente perchè. Eppure è risultato subito chiaro durante l’haka: lui si muoveva, faceva le stesse mosse degli altri, ma mentre i gesti degli altri andavano verso gli avversari e verso tutto lo stadio che li guardava, i gesti di questo giocatore rimanevano in lui, rimanevano concentrati su di sè, e questo gli dava una presenza, un’intensità incredibili. E così l’haka, che è un canto guerriero, si caricava di una potenza straordinaria. Il giocatore maori si trasformava in un albero, una quercia enorme, indistruttibile, con radici profonde, un irraggiamento potente, e tutti lo sentivano. Eppure avevamo la certezza che la grande quercia avrebbe anche potuto volare, che sarebbe stata veloce come il vento, malgrado o grazie alle sue profonde radici.’

Da L’eleganza del riccio, di Muriel Barbery.

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Le credenze sono una forma di percezione.
Se credi che le cose non possano essere diverse da come le pensi non potrai mai percepirle in un altro modo.

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Sin dal principio della mia formazione shiatsu, ormai più di 20 anni fa, ho sempre avuto la sensazione che non si potesse interferire nell’energia degli altri se non in modo invasivo (cosa ovviamente necessaria in casi estremi) . Con il tempo e con l’esperienza l’idea che un processo di guarigione autentico e integrato sia un percorso personale si è ormai consolidata e riconosco alle tecniche olistiche la funzione di aiuto ma non di sostituzione di responsabilità della malattia, che rimane affare di chi ne soffre.
Ho potuto notare anche che l’impulso creativo, che stimola l’unicità di ogni individuo, è un catalizzatore del cambiamento benefico per la risoluzione degli squilibri.
In questo quadro si inserisce il Tatto Interno – Deep Touch, dove tali principi sono esplorati, i ruoli ben definiti e il corpo riconosciuto come mezzo di espressione personale e carismatico.

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