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FASCIA E CONTACT IMPROVISATION

 Quando nel 2004 insegnai, per la prima volta, la percezione della fascia ai danzatori di contact improvisation, un noto insegnante, dopo aver partecipato al workshop, mi disse che la confidenza con questo particolare tessuto poteva essere un buono strumento per sviluppare l’ascolto nei principianti. A quel tempo non conoscevo ancora la C.I. e il suo feedback mi lasciava intendere che quei danzatori non si limitavano solo a toccarsi e a giocare con il peso.
Cominciando poi a frequentare l’ambiente non mi sono mai arrivate voci che associassero queste due parole…fino ad un paio di anni fa, quando più volte ho sentito le parole ‘contact’e ‘fascia’ nella stessa frase.
La contact si è accorta solo ora della fascia? Probabilmente no. Già nella Body Mind Centering ci sono dei riferimenti che risalgono a qualche anno fa. C’è da dire inoltre che il concetto di fascia si è diffuso ampiamente solo negli ultimi 15 anni e che probabilmente i primi danzatori ne erano consapevoli solo ad un livello esperienziale.
Certo la conoscenza di un sistema fisiologico che rappresenta un “tutt’uno” nel corpo ha fatto gola a tanti insegnanti che ne hanno arricchito la propria didattica; in effetti la sua affascinante teoria spiega in modo concreto perchè un corpo può o dovrebbe muoversi in modo integrato.
Due presupposti a questo articolo:
1 – Il concetto di Fascia non è visto in modo univoco da tutti quelli che la trattano. Prenderò qui in considerazione la mia modalità (acquisita dallo studio di tecniche di rilascio) e la mia esperienza percettiva in proposito.
2 – parte di questo articolo vuole anche indagare quanto realmente l’attenzione alla fascia si stia integrando nella C.I., escludendo tutti quelli che ci lavorano ad un livello puramente concettuale.
Ammorbidisco un poco la lieve tendenza polemica del secondo punto per precisare che comunque uno studio concettuale può rappresentare un via efficace, soprattutto se il “concetto” lavora attraverso “immagini”. Le immagini possono rappresentare un ponte verso percezioni più sottili, a patto che si abbia di ritorno un feedback concreto.
Cos’è la Fascia.
La fascia è principalmente tessuto connettivo a diversi livelli, da quello più superficiale (adiposo) a quello più profondo, all’interno del corpo. Il fatto che il termine sia espresso al singolare (Fascia) ci fa intendere che si tratta di un sistema unico, connesso, continuo.
La fascia avvolge i muscoli, è tra le fibre, tra gli organi, tra le ossa, avvolge i tessuti ed è persino negli spazi intercellulari … insomma riempie tutti gli spazi comportandosi come una sorta di collante. Rappresenta il 70% del nostro corpo e la sua forte capacità elastica svolge un’azione importante nella postura e nel movimento. Gioca un ruolo fondamentale nella “tensegrità” del corpo e nella sua chimica.
Essendo un continuum, tutti i punti della fascia sono tra loro connessi, qualunque cosa si muova in un punto deve riflettersi nel tutto.
Un’immagine che può esaltare questa visione è quella di un gel unico tridimensionale, elastico, continuo, in cui sono immersi e tenuti al loro posto i nostri componenti principali (ossa, muscoli, organi, ghiandole ecc.).
Nella dinamica del movimento la fascia si allunga, si contrae, si adatta in base alla sua costituzione e condizione (potrebbero esserci zone in cui essa è bloccata e poco elastica) e partecipa quindi all’attività di qualunque tessuto o organo.
Un muscolo che si muove insieme alla fascia svolgerà sicuramente un’azione più completa, integrata e protetta. Attraverso la sua elasticità può rendere un gesto meno faticoso, coinvolgere tutto il corpo e dotarci di più controllo e consapevolezza.
Bene, ma come faccio a capire se il mio movimento include o no la fascia? Come faccio a sapere se in un determinato gesto la fascia lavora con o contro di me? Credo che il modo migliore sia quello di separare-isolare la percezione della fascia dal resto. Alcune tecniche osteopatiche e craniosacrali hanno sviluppato una modalità di ascolto che ci permette di registrare il movimento della fascia in modo isolato. La sensazione che se ne deriva è quella di una sostanza viscosa tipo magma che si scioglie e si muove, imprimendo a tutto il sistema un cambiamento (non dimentichiamoci che è un continuum).
E’ paradossalmente più semplice percepire il movimento della fascia sugli altri. Successivamente possiamo sperimentarla su noi stessi ed infine è possibile anche osservarne la dinamica sugli altri.
L’osservazione risulta invece abbastanza semplice nei neonati, ma prima necessitiamo di un piccolo strumento di lettura ad immagini.
Avete presente la dinamica delle zolle tettoniche che ci facevano studiare a scuola? Le zolle in superficie si avvicinavano o si allontanavano tra loro, ma contemporaneamente creavano dei movimenti di adattamento sotto di esse (anzi, i movimenti profondi erano il fattore scatenante, l’origine dell’impulso).
Ora, guardate un bambino fino ai 7-8 mesi rotolare per terra ed eseguire le sue ormai famose spirali. Non vi sembra che la spirale si proietti anche all’interno del corpo? Non avete la sensazione che il movimento esterno non sia altro che quello superficiale delle zolle spinte da un impulso più profondo?
Veniamo alla Contact Improvisation.
E’ ovvio che il movimento del singolo danzatore acquisisce più qualità, forza e dinamica se integrato con la fascia.
Una caratteristica importante è la sua elevata sensibilita agli stimoli, interni ed esterni. Impulsi, spinte, trazioni, tocchi, inviti ecc… sono tutti stimoli che tale sistema registra e a cui reagisce sotto la guida del sistema nervoso.
Ad ogni stimolo il connettivo prende una decisione, adattarsi o opporsi. Quando si adatta, un impulso diventa trasmissione di movimento verso l’interno e verso tutto il sistema. Nella contact, luogo di contatto e stimoli continui, la fascia può rispondere continuamente ai messaggi muovendo la coppia come un essere unico e interconnesso. Un gesto non riguarda più il singolo ma è condiviso e crea stimolo per l’altro, cambiamento. Per capire quanto la risoluzione degli stimoli può essere profonda vi rimando agli articoli qui sopra.
Far risuonare la fascia nella danza crea morbidezza, rotondità e permette ai danzatori di sfruttare la sua forza elastica.
Una caratteristica importante di questo tessuto e l’alta reattività a stimoli anche sottilissimi. Tecnicamente si dice che 5 grammi di impulso siano sufficienti. Una così piccola quantità di stimolo si traduce in qualcosa che è meno di un impulso, l’intenzione viene già recepita. Una legge biologica, la legge di Weber-Fechner (https://it.wikipedia.org/wiki/Legge…) , ci dice inoltre che uno stimolo sotto pressione leggera è più percepibile di uno sottoposto a maggiore peso.
La fascia quindi ha una capacità ascolto elevatissima. Considerando che l’intenzione ha a sua volta un effetto sulla fascia (la mette in movimento), il gioco tra intenzione e ascolto può diventare comunicazione nella danza ancor prima del movimento vero e proprio.
Tornando a quote più normali, possiamo comunque immaginare due danzatori che fanno risuonare la loro fascia nel movimento integrando gli stimoli in modo profondo e sensibilizzando il loro ascolto. Ad un occhio allenato l’uso o meno del coinvolgimento fasciale e abbastanza evidente.
Concludo con un’informazione diciamo un’pò particolare sull’argomento. In molti ritengono che il sistema fasciale, a livello energetico, si estenda anche all’esterno del corpo, il concetto di qualcosa che sta in mezzo coinvolge l’atomo e lo spazio tra gli elementi che lo compongono. Una buona logica riporterebbe la questione ad un discorso di campi elettromagnetici effettivamente percepibili fuori dal corpo fisico e compenetrati in esso. Si aprono capitoli interessanti legati allo spazio tra i danzatori e il contatto non necessariamente corporeo. La frequenza di sensibilità necessaria per agganciare questo livello si scontra facilmente con la fisicità espressa nella C.I. , ma non mi sento di escludere questa possibilità come una sorta di estensione della percezione spaziale (più o meno conscia) già molto usata tra i danzatori.
Risuonare con un partner in movimento potrebbe portarci a considerare la coppia come un sistema fasciale unico, dove ascolto e stimolo coincidono nell’espressione creativa dell’improvvisazione. Contatto e peso fanno il resto….